Lucio Dal Buono

La zia santa di Bonolis

Tanti anni fa ero uno studente del liceo classico Berchet di Milano.  In quinta ginnasio si era presentata a farci da insegnante di religione una certa Adele Bonolis.

I professori del Berchet erano allora molto qualificati. Quelli di religione erano scelti, in particolare,dalla Curia con molta attenzione.    Sicuramente quindi la Bonolis, per ricoprire quell’incarico, doveva avere dei numeri.   Era laureata in filosofia e si stava laureando  in medicina.  Non mi ricordo molto di Lei. Una donna minuta, bruttina, ma con stile. Vestiva con eleganza anche se prevalentemente di nero. Sembrava tranquilla e sicura di sé, qualche volta fumava.   Abituati ai preti ci sembrava molto strano avere una donna, e neanche suora, come professoressa di religione.

Me la sono sempre ricordata per un solo episodio.  Quando per provocarla sulla Sua fede, Le avevamo chiesto se Lei aveva mai fatto miracoli -  come Cristo promette nel Vangelo a chi ha fede- Lei ci aveva risposto tranquillamente “Parecchie volte”. Sghignazzi.  Aveva proseguito dicendo che il miracolo è una cosa molto naturale, quando  avviene.

All’invito a precisare, ce ne aveva raccontato uno. Durante la guerra era in una casa per bambini abbandonati.  Una volta, in inverno,  erano rimasti senza niente da mangiare. Lei, con Fede, aveva pregato ed aveva fatto pregare i bambini. Nel cuore della notte, mentre fuori pioveva a dirotto era comparso un prete, mai visto né conosciuto, che portava sulle spalle un enorme sacco, alto almeno quanto lui. Il sacco era pieno di cibo di ogni tipo. Il prete aveva depositato il sacco ed era uscito, scomparendo nella notte, senza proferire parola.  Il giorno dopo avevano cercato  e si erano informati per capire chi era e da dove veniva. Nessuno l’aveva visto passare, né lo conosceva. Fine dell’episodio.   Altri sghignazzi  a non finire.

Io  però e qualche altro avevamo capito che quella donna era sincera.  Aveva veramente vissuto quella esperienza e così ce l’aveva comunicata.  Era peraltro una esperienza ambigua: il prete poteva essere veramente un prete e non un Angelo, come la Bonolis lasciava intendere.  Solo dopo molti  anni avrei capito  che l’ambiguità è una caratteristica di questo genere di esperienze.    Dio ci lascia sempre il libero arbitrio e quindi la possibilità di accettare o rifiutare il Suo messaggio. In qualsiasi miracolo, non viene mai violata la nostra libertà di scelta e quindi esiste sempre un margine di dubbio. Anche per questo il miracolo sembra naturale.

L’anno dopo era arrivato nella nostra classe un prete che si definiva spiritosamente il prete più brutto della diocesi.  Era Don Giussani.  Di lui non mi ricordo niente, salvo che era un  oratore polemico ed aggressivo.  Avevo bensì cercato di frequentare la sua Gioventù Studentesca, piena di ragazze carine,  ma l’avevo subito abbandonata:  non riuscivo a capire nelle riunioni cosa dicevano e perché parlavano così tanto.    Invece la Bonolis mi aveva colpito.   Ero sicuro che quella strana, piccola donna aveva avuto l’esperienza diretta dell’altra dimensione. Dimensione su cui ognuno di noi ha sempre un dubbio fondamentale: c’è o sono tutte balle ?  La Bonolis aveva visto che c’era. Il che, secondo me, è  la cosa fondamentale.    Devo dire che questo non è una critica a Don Giussani.  Io non riuscivo a capire il suo messaggio, ma contemporaneamente  altri ragazzi  l’hanno capito ed assimilato tanto bene da, magari, diventare  frati o preti.  Dio, per fortuna,  ha tante voci.

La vita,  a me,  ha fatto prendere altre strade, non tutte felici. Entravo allora  nel pieno della mia carriera di giocatore di rugby.  Giocavo in serie A e ne ero molto fiero. Ma soprattutto vivevo la situazione ben descritta dalla canzone di Celentano “Il problema numero uno: la doonnaaa…..”.   Non sono insomma riuscito ad abbandonare la vita.

Però mi sono sempre  ricordato di quella  strana,  piccola donna e di quello che ci aveva raccontato.

Anni dopo ho risentito parlare della Bonolis. Erano gli anni bui della 180, della legge Basaglia. I malati di mente erano totalmente abbandonati a sé stessi. Avevo fondato una associazione per aiutare quei disgraziati ed eravamo continuamente alla ricerca di posti dove poterli curare.  Le uniche strutture lombarde valide erano quelle dei Fatebenefratelli e la Casa S.Paolo di Monza, fondata proprio- guarda un po’ -  dalla mia vecchia professoressa. Parecchi miei ragazzi sono passati di lì.  Oggi c’è anche il mio figlioccio. Ho saputo allora che la Bonolis si era specializzata in ex carcerati, ex-prostitute e malati di mente ed aveva fondato alcune case per loro.  Nel 1976 aveva chiesto a Dio di conoscere il male. Qualche mese dopo si era ammalata di cancro ed era poi morta nel 1980.     Qualche anno fa  è iniziata la causa per la sua  beatificazione.  La mia impressione di tanti anni fa non era sbagliata.  Quella donna ha voluto vedere, ha visto e su quello che ha visto ha impostato la sua vita. Ed aveva veramente in sé qualche cosa di diverso da tutti noi.  Spero che si ricordi dei suoi vecchi allievi , anche se allora non avevamo potuto capire molto della Sua grandezza.        Del resto… “ Nemo profeta in patria”. Perfino Cristo non è stato riconosciuto come tale dai Suoi parenti a Nazareth.   Così il figlio di Sua sorella è Paolo Bonolis che imperversa tutte le sere in televisione e che non mi sembra abbia preso molto dalla sua grande zia, salvo la pronta e viva  intelligenza.

 

  

A sinistra Adele Bonolis, zia di Paolo

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